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VISIONE, SENSAZIONE, EMOZIONE, AZIONE

VISIONE, SENSAZIONE, EMOZIONE, AZIONE



VISIONE, SENSAZIONE, EMOZIONE, AZIONE 
(appunti tratti dall’esperienza dell’anatomia nel Body Mind Centering secondo gli insegnamenti di Bonnie Bainbridge Cohen) 

Quando la mano di un neonato si muove vicino al suo viso, all’inizio solo per qualche fugace istante, si accorge che qualcosa gli sta passando davanti agli occhi. Dopo un pò, col procedere dello sviluppo, la segue con lo sguardo non riconoscendola ancora come sua. Solo successivamente la accompagna ruotando la testa e muovendo la stessa in 
una diversa direzione, per continuare così a scrutarla.

Qualcosa di autentico emerge . . . un nuovo sentire: “quella mano sono io”! Così inizia il magico gioco fra le due mani, e tra le mani e gli occhi. Tutto ciò permette allora di affermare 
che la consapevolezza che ogni cellula ha di se stessa, si basa sul saper integrare la forza intrinseca del corpo al quale appartiene, alle diverse possibilità estrinseche dell’ambiente circostante, in una ininterrotta ed affascinante modulazione.

È una questione di Relazione!
Portata all’estremo però, essa diventa auto – assorbimento: accade ciò quando l’esperienza del “questo sono io” non trova una fusione con quella del “tu sei tu”.
Essere coscienti solo di ciò che si è, ignorando lo spazio circostante, conduce ad una mancanza di equilibrio, dove non c’è differenziazione tra il me ed il resto della manifestazione.

Ci si può riferire ad una buona integrazione del movimento allora, solo quando si afferma “fino a qui sono io, da qui in poi, comincia qualcos’altro” nell’esperienza di essere distinti ma non separati dal tutto.

In genere l’anatomia viene insegnata in modo visivo: si conosce l’immagine di una data struttura, ma la sua esperienza, dal punto di vista cinestesico, manca completamente dall’interno. Sappiamo perfettamente affermare: “dentro di me c’è questo osso o quest’altro muscolo”, il concetto però si palesa soltanto ad un livello prettamente cognitivo, non giungendo alla corteccia come informazione acquisita visceralmente attraverso i propriocettori di quella stessa struttura corporea.

Durante l’esecuzione di una postura allora, può essere utile osservare la stessa nella sua 
interazione con le informazioni provenienti ora dallo scheletro, dagli organi di senso, dai muscoli, dagli organi, dalle ghiandole endocrine, dal cervello, dal sistema dei fluidi e così via, riconoscendo per ciascuno di essi un diverso stato di coscienza e decidendo poi, per scelta, di utilizzare lo stesso nella propria relazione con il mondo.

Una volta divenuti consapevoli di tutto ciò però, è fondamentale che le informazioni emerse si lascino poi andare, in modo che non sia il sentire in sé per sé a motivarci, quanto un agire ben fondato sulla percezione. Spesso infatti accade che, presi dal percepire, ci dimentichiamo dell’agire. La percezione tende allora a prevalere portando a concentrare noi stessi solo su 
ciò che avvertiamo. E così, l’atto del mangiare perde importanza, mentre l’acquistano il sapore e la consistenza del cibo.

Ma . . . i sensi sono sempre e soltanto operazioni mentali!!! Il semplice atto del camminare diventa: “come sto camminando, quale piede precede l’altro, come dispongo le ossa?”. Tutto ciò è corretto, ma lo è altrettanto il semplice atto di camminare o, genuinamente, il mangiare per nutrirsi.

Quale è dunque il pregio della consapevolezza? Se siamo in grado di camminare, perché preoccuparci di provare queste sensazioni nei dettagli e lasciarci coinvolgere così tanto da esse? Probabilmente non ne avremmo alcun bisogno se non avessimo inibito il nostro funzionamento più autentico e naturale, nella sua relazione con i cinque elementi. In effetti, le persone ben integrate, non trascorrono certo il loro tempo a cercare di farlo, piuttosto lo passano ad agire!

La maggior parte di noi arriva a queste conclusioni perché ha delle mancanze: qualcosa inibisce la libera espressione impedendo al singolo di funzionare al livello del suo potenziale 
più vero ed originale, che in ogni istante chiede di essere riconosciuto.