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LA NASCITA

LA NASCITA


Continua la nostra rassegna di articoli riguardanti il tema della nascita.
Desideriamo ricordare che sono rivolti a TUTTI . . . non solo alle mamme in dolce attesa!

Stavolta, vista l’urgenza dei tempi che gli abitanti del meraviglioso Pianeta Blu stanno attraversando, abbiamo ritenuto utile riportare un brano tratto dal libro “La prima Ferita” di Villi Maurer, Terra Nuova Edizioni, che vivamente vi consigliamo di acquistare.

Possa questa lettura essere di pura ispirazione per coltivare il seme della Pace!!!

Lo Staff di Yoga Studio

LA NASCITA

Separare i neonati dalla madre dopo la nascita e portarli via è da secoli una consuetudine nelle civiltà avanzate, e continua ad esserlo, anche se nel frattempo la mentalità è cambiata e molte persone sono diventate sensibili ai bisogni del neonato. Oggi è sempre più frequente non separare il bambino appena nato dalla madre, dietro richiesta esplicita dei genitori o consiglio del personale medico, comportamento impensabile solo alcuni anni fa. Siamo tuttavia ancora lontano da una comprensione su larga scala di quanto questo sia importante e come non si tratti di discutere se siano i primi cinque minuti o la prima ora, quanto piuttosto di abbandonare completamente tutte le routine di un’epoca in cui si ignorava il funzionamento e la ragione d’essere dell’imprinting e di accettare che sia la madre ad occuparsi del neonato. Non solo la qualità del primo contatto influenza tutte le esperienze successive del bambino, che avrà la pulsione di ripetere un vissuto sano invece che quello deviato, ma anche la madre, carica della forza ormonale e morale della maternità, potrà superare meglio i limiti derivanti dalle proprie carenze primali. A seguito della separazione e dell’allontanamento dalla madre, e/o dell’interferenza da parte di altre persone nel primo contatto con lei, tutti portano dentro di sé un piccolo bambino interiore ferito, sebbene profondamente rimosso e scisso. Finché non si riprende il contatto con lui, si fa inconsciamente agli altri, soprattutto ai figli, quello che è già successo: separare. Accade così
che si continui a separare i neonati dalla madre e ad allontanarli, in un circolo vizioso che si perpetua da secoli. La tragedia dell’essere umano è che cerca di compensare la scissione dal proprio sentire tentando di spiegare “scientificamente” il segreto della vita. Più è lontano dai sentimenti, maggiore è l’infelicità e maggiore sembra essere la credenza che la conoscenza sia incomprensibile ed irraggiungibile. Solo così si può spiegare come, nonostante l’affermarsi della nascita dolce, i neonati vengano tuttora separati dalla madre ed allontanati.
L’essere umano viene al mondo con l’aspettativa di essere portato in braccio ed il riflesso di aggrapparsi del neonato, grasping reflex, ne è un indizio. Se questo profondo bisogno di essere portato addosso alla madre non viene riconosciuto, si turba in modo radicale il senso di appartenenza. Dall’osservazione dei mammiferi sappiamo quale terribile conseguenza abbia, l’impedire il processo dell’imprinting, ovvero quel contatto multisensoriale pregnante tra madre e neonato subito dopo la nascita: essi non riconoscono più di appartenere l’uno all’altro. Sono tentato di affermare che il peggior seme per un comportamento umano violento venga messo allontanando i neonati dalla madre. Tuttavia questa affermazione non viene compresa da coloro che sono ancora scissi dal loro bambino interiore. Essi ribattono più o meno così: “Sì, certo, ma durante l’infanzia vi sono tanti altri fattori determinanti per lo sviluppo”. Non ci sorprende quindi l’esistenza di cliniche che ancora, nei loro prospetti,
mostrano le foto del nido, impeccabile da un punto di vista igienico, in cui i neonati vengono riposti ordinatamente nella loro fila di lettini. La tesi di Hütler, che la matrice del cervello già formata alla nascita, possa essere determinante per tutta la vita, ma che possa venire allentata grazie ad esperienze di grande intensità emotiva e possa essere re- impressa con nuovi contenuti, ha attirato la mia attenzione. Mi sono chiesto se la nascita non potrebbe essere un tale evento, non solo per il neonato ma anche per i genitori e quindi costituire un’esperienza dirompente di guarigione, atta a consentire un nuovo orientamento. Nel mio lavoro di ricerca, accompagnando un collega nel suo lavoro di regressione, ho fatto l’impressionante esperienza di trovarmi nel ruolo della madre che offre il seno. Ne sono stato
profondamente scosso da regredire io stesso a quel bambino interiore nascosto dentro di me che urlava e aveva bisogno della madre. Ho osservato ripetutamente situazioni simili in chi, grazie alla pressione della sua sofferenza, ha deciso di mettersi alla ricerca di ciò che si nascondeva dietro la propria infelicità. Quando nel Lavoro Emotivo e Corporeo di gruppo qualcuno rivive la propria nascita o situazioni traumatiche del periodo primale, anche negli altri partecipanti si svegliano sentimenti rimossi. Chi, in tale occasione entra in contatto con il proprio bambino interiore rivive emotivamente gli eventi traumatici avvenuti durante e subito dopo la nascita, si apre ad un nuovo orientamento nel rapporto con i figli e con l’ambiente. Grazie a queste esperienze, ho maturato la certezza che i genitori, partecipando consapevolmente alla nascita del proprio bambino, hanno l’opportunità unica e preziosa di entrare in contatto con le parti rimosse di sentimenti e avvenimenti del periodo primale. La nascita di un figlio potrebbe essere quindi l’occasione per rompere questo secolare circolo vizioso. Infatti, se i genitori si lasciano toccare nel profondo del contatto sensoriale intatto con il bambino, liberano gli ormoni di prolattina ed ossitocina. Questi trasmettitori, come ha
affermato nel congresso il “profeta” della nascita Michel Odent, sono gli ormoni dell’amore e dell’accudimento. Essi rendono più facile ai genitori trattare il figlio amorevolmente, in modo che non abbia bisogno di dissociarsi da ciò che gli accade.